Luigi Verdi, Aleksandr Skrjabin tra musica e filosofia, Passigli, Firenze, 1991

Recensione di Paolo Troncon in Slavia, II, 1, 1993, pp.228-29.

Aleksandr Skrjabin è ancora oggi, a 78 anni dalla morte, un artista poco compreso dal mondo musicale italiano. Pur essendo riconosciuta la grandezza della figura del compositore russo, vi è ancora una evidente difficoltà di ordine estetico e poetico nell’approccio interpretativo e fruitivo della sua musica, in particolare di quella successiva al 1904. Ciò è dovuto anche alla tradizione musicale italiana, che ancora pesa notevolmente nella didattica musicale nei Conservatori italiani. Tradizione che trova poche affinità con la concezione musicale e artistica di Skrjabin. Il testo di Verdi segue il travaglio filosofico, estetico, mistico del compositore moscovita, ripercorrendo l’iter artistico attraverso l’analisi degli influssi del pensiero idealistico tedesco (linea Fichte-Schopenauer) e di Berkeley, del pensiero simbolista dei poeti russi, della teosofia di Madama Blavatskij. In particolare viene bene analizzato l’aspetto fondamentale per la comprensione di Skrjabin: l’esoterismo, cui si collega la teoria della sinestesia, cioè della ricerca del connubio tra suoni e colori (Prometeo). Nella trattazione di questi aspetti, Verdi riesce molto efficacemente ad inquadrare le aspirazioni artistiche di Skrjabin, collocandolo pienamente nel mondo dell’avanguardia russa del tempo, riuscendo inoltre a cogliere e differenziare gli influssi europei e orientali, decisivi per la costituzione della sua estetica.
L’ultimo capitolo del testo, “L’eredità di Skrjabin”, completa la trattazione, sempre lineare e concreta e ci fa capire quanto poco in Italia si conosca la produzione musicale successiva alla morte del compositore. In ragione di tale produzione e delle intuizioni che Skrjabin non ha fatto in tempo a realizzare (ironia della sorte, per una banale, ma letale puntura di un insetto) ma che influiscono sui compositori della generazione successiva a lui vicini, ci fa intuire che la storia della musica moderna, dominata dalle figure di Debussy, Schönberg e Stravinskij, abbia bisogno di una riconsiderazione che tenga dovuto conto della mole della figura del mistico russo.

Paolo Troncon

 

 

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