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Recensione di Paolo Troncon in Slavia, II, 1, 1993, pp.228-29.
Aleksandr
Skrjabin è ancora oggi, a 78 anni dalla morte, un artista poco compreso dal
mondo musicale italiano. Pur essendo riconosciuta la grandezza della figura del
compositore russo, vi è ancora una evidente difficoltà di ordine estetico e
poetico nell’approccio interpretativo e fruitivo della sua musica, in
particolare di quella successiva al 1904. Ciò è dovuto anche alla tradizione
musicale italiana, che ancora pesa notevolmente nella didattica musicale
nei Conservatori italiani. Tradizione che trova poche affinità con la
concezione musicale e artistica di Skrjabin. Il testo di Verdi segue il
travaglio filosofico, estetico, mistico del compositore moscovita, ripercorrendo
l’iter artistico attraverso l’analisi degli influssi del pensiero
idealistico tedesco (linea Fichte-Schopenauer) e di Berkeley, del pensiero
simbolista dei poeti russi, della teosofia di Madama Blavatskij. In particolare
viene bene analizzato l’aspetto fondamentale per la comprensione di Skrjabin:
l’esoterismo, cui si collega la teoria della sinestesia, cioè della ricerca
del connubio tra suoni e colori (Prometeo). Nella trattazione di questi
aspetti, Verdi riesce molto efficacemente ad inquadrare le aspirazioni
artistiche di Skrjabin, collocandolo pienamente nel mondo dell’avanguardia
russa del tempo, riuscendo inoltre a cogliere e differenziare gli influssi
europei e orientali, decisivi per la costituzione della sua estetica. Paolo Troncon |
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