Luigi Verdi, Aleksandr Nikolaevič Skrjabin, L’Epos, Palermo 2010, pp. 481
Roman Vlad, Skrjabin fra cielo e inferno; Pietro Scarpini interprete di Skrjabin, Passigli Editori, Bagno a Ripoli (Fi) 2010, pp. 289 + 101, 2 voll.

Recensione di Benedetta Saglietti, in L'Indice dei libri del mese, 17, n.6, 2011

La renaissance di un eccentico compositore

Da molti anni in Italia non appaiono ricerche corpose su Aleksandr Skrjabin (1871-1915), se si eccettua la traduzione tardiva della biografia di Faubion Bowers (ed. orig. ridotta 1973, trad. it. Gioiosa Editrice, San Nicandro Garganico 1990), alcuni testi di Alessio Di Benedetto e Giovanna Taglialatela, e la curatela di Maria Girardi (Appunti e riflessioni, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1992). Anche se nel panorama editoriale tutto sembrava tacere, erano in realtà in gestazione - quasi allo stesso tempo - due opere importanti. Il primo dei nostri due autori, Luigi Verdi, insegna composizione al Conservatorio di Milano e, tra altri molteplici interessi, si è occupato di Skrjabin fin dalla tesi di laurea, pubblicata poi da Passigli, grazie all’Associazione De Sono, nel 1991. In seguito all’esemplare indagine dei rapporti tra Kandinskij e Skrjabin, e dopo averne affrontato singoli aspetti in una miriade di saggi, Verdi ha condensato finalmente le sue più che ventennali ricerche. Il libro dato alle stampe per L’Epos è una biografia sul modello “vita e opere”, ma è anche molto di più, quasi un Compendium; una parte saliente, dedicata al pensiero estetico e filosofico inscindibile dalla produzione musicale di Skrjabin, non tralascia i rapporti con altri intellettuali del tempo come il compagno di studi Rachmaninov, o Plechanov, il teorico del marxismo, il basilare ruolo nella sua formazione della teosofia e degli spunti derivanti dalla lettura di Goethe, Nietzsche, Feuerbach, Wundt, Paulsen, Kant e dalle teorie di Solov’ev che precorrono il simbolismo. Degne di nota la bibliografia, indirizzata in special modo al lettore italiano (Verdi è anche autore di un’importante bibliografia per la Scriabin Society of America, aggiornata al 2004), il pregevole apparato dedicato alla tradizione esecutiva e alla discografia storica, la sintesi degli orientamenti della critica, la traduzione italiana dei testi poetici alla base delle opere skrjabiniane e un ricco apparato iconografico. La mole del testo è tale da non lasciare insondato nessun problema, seppur sia caratteristico della collana (Autori & Interpreti 1850/1950) evitare un eccessivo specialismo; non vi sono esempi musicali, ma l’analisi delle opere è di limpida chiarezza, coadiuvata da schemi, come quello che riguarda le ultime sei Sonate per pianoforte (p. 196) e i loro relativi profili tematici (p. 211). Così concepita la parte inerente le opere, con relative puntuali analisi, è uno strumento che torna sempre utile per consultazione.
L’eccentrica figura di questo compositore troppo poco conosciuto è emblematica di un’epoca storica che fu spazzata via con la Prima guerra mondiale - esattamente quando Skrjabin morì, in cui si estrinseca tutta l’ansia di rinnovamento della cultura musicale europea alle soglie della Prima guerra. Storicamente la Skrjabin-Renaissance avviene negli anni
70 del Novecento in concomitanza col centenario della nascita e, tuttavia, questo mutamento sul piano estetico non sembra una casualità se si pensa al fatto che una delle sue più famose composizioni, quel Prometeo per coro, grande orchestra e clavier à lumières che mirava a fondere musica e colori, così in anticipo sui tempi, soltanto negli anni 60 potè essere portata in scena, grazie al progresso tecnologico, secondo il volere dell’autore (nelle prime esecuzioni, infatti, la parte luminosa non veniva realizzata). In Italia fu proprio grazie a Roman Vlad che si tenne, il 23 giugno 1964, la première italiana del Prometeo completo della parte Luce al Maggio Musicale Fiorentino, diretta da Pietro Bellugi e con al pianoforte Pietro Scarpini.
L’idea del libro su Skrjabin di Vlad, composto da due volumi l’uno dedicato al compositore e l’altro a Scarpini (1911-1997), sboccia dalla volontà di dare un ordine alle sue interpretazioni skrjabiniane che coprono buona parte dell’opera omnia del russo. I programmi da concerto di Scarpini, vero profeta del verbo skrjabiniano in Italia, andavano in controtendenza rispetto ai gusti del pubblico di quell’epoca e, secondo Vlad, egli è da considerarsi complementare all’altro sommo pianista dell’epoca, Arturo Benedetti Michelangeli. L’autore ne ripercorre dunque la biografia alla luce della carriera e del repertorio.
Il giovane Skrjabin, dapprima fortemente influenzato da Chopin e poi da Liszt, in breve tempo diventò un precursore delle idee musicali più innovative, nonostante la sua produzione non abbia avuto la stessa fortuna critica che seppero conquistarsi il neoclassicismo o la dodecafonia. Vlad delinea con precisione come le tarde opere di Skrjabin anticipassero il serialismo che Schönberg teorizzerà un decennio dopo la scomparsa del collega; sebbene all’interno dell’Unione Sovietica la musica di Skrjabin non fosse mai stata apertamente avversata, circostanze ostili (tra cui la morte prematura) ne impedirono l’affermazione e, anche se ebbe un’eco nei cosiddetti “skrjabinisti”, questi però si dispersero ben presto. Il filo conduttore del discorso sono le innovazioni del linguaggio musicale skrjabiniano che Vlad mostra dettagliatamente partiture alla mano. La visione proposta è un viaggio in senso diacronico attraverso la musica di Skrjabin, che, pianistica e orchestrale, procede parallela, affrontata a partire da alcuni temi (si legga per esempio il capitolo V “Auree proporzioni”), anche e soprattutto alla luce della letteratura critica a Vlad precedente, per intraprendere il quale il lettore deve avere ben presenti le composizioni sia complessivamente sia nel dettaglio. Per converso, l’approccio cronologico e più didascalico di Verdi restituisce un altro tipo di lettura, più lineare. Con un occhio sempre fisso alla vicenda biografica, che però resta sullo sfondo, Vlad prende in esame tutta l’opera e gli interrogativi che essa pone (a partire dal suo più piccolo e famoso elemento costitutivo l’“accordo mistico” del Prometeo) fino all’incompiuto Misterium, che l’autore denomina "la meta irraggiungibile".
Verdi e Vlad hanno portato avanti le loro opere in uno spirito di collaborazione reciproca, così oggi abbiamo la fortuna di avere due testi che si integrano a vicenda, di taglio più biografico il primo, più specialistico il secondo, egualmente importanti nel panorama della letteratura su questo musicista ed egualmente indispensabili al musicofilo italiano.


 

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