Kandinskij e Skrjabin. Realtà e Utopia nella Russia pre-rivoluzionaria, Lucca, Akademos & Lim 1996, 195 pp.

Recensione di Piero Mioli, in Musica e Scuola, XI, 3, 1997, pp.15

Dopo lo Skrjabin di Faubion Bowers edito da Gioiosa, Kandinskij e Skrjabin di Luigi Verdi (Akademos e Lim) continua a dare una mano alla esigua bibliografia italiana sul singolare maestro russo, e lo fa mediante un serrato confronto col grande pittore contemporaneo (non senza la nuova traduzione di passi critici). I due artisti non si conobbero personalmente, ma i punti di contatto fra l'arte loro furono e sono evidenti, anche al di là del fatto che il pittore aveva studiato musica e suonava sia il pianoforte che il violoncello. Kandinskij chiamava composizioni o improvvisazioni certi suoi dipinti (uno addirittura Fuga): e Skrjabin, meno addentro ai termini pittorici, disse tuttavia che "la musica prende forme e significativo soltanto quando è collegata ad un singolo piano universale", ebbe numerosi contatti con intellettuali e artisti dell'area simbolista (un poeta disse "tutta la sua musica è la luce stessa"), fu sensibile agli influssi esoterici della teosofia e dell'antroposofia. Esemplare, in sostanza, il rapporto fra suono e colore nei due uomini d'arte: Kandinskij scrisse che la pittura la si recepisce non solo con l'occhio, ma con tutti i cinque sensi, e nel Prometeo di Skrjabin, ripetutamente citato dal pittore, i suoni della scala sono tutti associati ai colori (dal Do rosso al Sol rosa-arancione, dal Re giallo al La verde e così via). La puntuale trattazione, infine, è sempre calata nelle esperienze russe del primo Novecento, che veramente furono fondamentali per tutta la cultura del secolo, e trattandosi di colori è anche corredata di parecchie immagini rivelatrici.

Piero Mioli