Aleksandr Skrjabin tra musica e filosofia Torino-Firenze, De Sono-Passigli Editori, 1991, pagg. 190.

Recensione di Maria Girardi in Nuova Rivista Musicale Italiana, LI, 1,1992, pp.114-15.

A prescindere dallo studio specifico di Amalia Collisani, Il Prometeo di Scriabin (Palermo, Flaccovio, 1977), e dalla recente traduzione del volumetto di Faubion Bowers, Skrjabin (Pieve del Cairo-Pavia, Gioiosa Editrice, 1990, ma risalente al 1973), ben pochi sono stati finora i contributi ed i saggi apparsi in lingua italiana intorno all'opera e agli scritti di questo interessante musicista russo. Finalmente è a disposizione dei lettori un lavoro organico da cui emerge in maniera molto chiara la personalità di Skrjabin, attraverso le testimonianze dei suoi contemporanei e soprattutto mediante un'analisi accurata delle lettere e degli scritti lasciati dal compositore. La pubblicazione di questo ampio studio di Luigi Verdi (vincitore del Concorso Musicologico 1989, bandito dall'Associazione "Il Coretto" di Bari) viene a colmare significativamente un vuoto all'interno di un periodo storico che vede contrassegnare in Skrjabin un'asse nodale nel panorama musicale russo tardo-ottocentesco e primo-novecentesco. Dapprima attraverso la cifra percettiva di marca tedesco-romantica e poi mediante apporti personali assolutamente singolari, viene a delinearsi la figura affascinante di compositore geniale congiuntamente a quella provocatoria del pensatore originale, acuto osservatore della sua epoca. Verdi ripercorre passo dopo passo le tappe fondamentali della vita di Skrjabin, dai progetti giovanili per un'opera incompiuta (il cui materiale musicale fu poi utilizzato in altri piccoli pezzi) alle 'speculazioni metafisiche' contenute nei taccuini personali (non destinati alla pubblicazione), dal suo lavoro più noto Il poema dell'estasi (in parte creato durante il suo soggiorno in Italia a Bogliasco) alle considerazioni di natura esoterica che ispirano il Prometeo, dalle esperienze legate alla sinestesia al tentativo di unire tutte le arti in un'opera d'arte tolale dal titolo Misterium, rimasta incompiuta. Grazie agli ampi passi stralciati dal carteggio intercorso per numerosi anni tra il compositore e l'editore e amico Beljaev e grazie alla traduzione di tutti i testi utilizzati da Skrjabin per le sue composizioni, siamo ora in grado di ricostruire il pensiero filosofico skrjabiniano, formatosi all'ombra delle seduzioni fornitegli dalla lettura di alcuni testi di Nietzsche, Feuerbach, Wundt, Paulsen, Kant, Platone, Goethe, Windelband ma anche per il diretto contatto con alcuni esponenti di spicco della cultura russa del suo tempo, tra cui il principe Trubeckoj, professore di filosofia all'Università di Mosca, presidente della Società Filosofica e seguace delle teorie di Solov'ëv, che precorrono il simbolismo. E proprio nel testo poetico del Poema dell'estasi che affiorano indiscutibilmente molti elementi estrapolati dai precetti simbolisti. Il musicista esprime infatti un parallelismo tra mondo fenomenico e mondo noumenico, e tende a tracciare serie di consonanze e di corrispondenze tra ciò che l'arte raffigura in quanto realtà esteriore e ciò che essa vi scorge quale realtà interiore. Per quanto l'aspetto formale del programma skrjabiniano si possa accostare sensibilmente alla poetica del simbolismo russo, il Poema dell'estasi appare come un lavoro contrassegnato tuttavia dall'originalità creativa del compositore e ci aiuta a comprendere l'originalità dell'opera sinfonica in sé. Ma rilevanti sono pure i capitoli dedicati al problema del rapporto tra luce e suono sotto forma di sinestesia (audizione colorata) precisato da Skrjabin nel Prometeo (1909), in cui sistematicamente viene adoperato l'accordo 'sintetico'; e inoltre interessanti sono i tentativi successivi tesi a creare dapprima un poema per orchestra, Icaro (neppure abbozzato), e poi, quale fenomeno di ars combinatoria, il già citato Mysterium, una vasta organizzazione di suoni, colori, movimenti, gestualità, parole, profumi, perseguita utopicamente sulla scorta dell'idea di organica totalità espressa da Sabaneev nel 1912 in "Der blaue Reiter". Il lavoro di Verdi, incentrato prevalentemente in una ricognizione del pensiero skrjabiniano, non trascura di trattare altre questioni, quali quelle musicali inerenti alle composizioni maggiori e quelle legale al periodo di poco precedente e successivo alla morte del musicista (1915), la cui eredità fu per un certo periodo recepita da Glière (nel poema sinfonico Le sirene, del 1908), da Prokof'ev (nel poema sinfonico Sogni, del 1910), da Stravinskij (nella cantata Il re delle stelle, dedicata a Debussy, scritta nel 1911/12 su testo di Bal'mont) e fu accolta poi da altre figure satelliti sorte all'insegna dello skrjabinismo, come Gunst, Roslavec, Mosolov, Obuchov, Protopopov, Lourié, Vyšnegradskij, Krejn e lo scrittore Boris Pasternak, che fu allievo per qualche tempo di Skrjabin.

Maria Girardi

 

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